AminMaalouf
Samarcanda
Edizione francese:Editions Jean-Claude Lattès, 2011
Recensione a cura di Chiara Maria Lévêque
Samarcanda segna una pietra miliare nella letteratura araba contemporanea. Un romanzo articolato e ricco, come non se ne incontrano spesso. L’autore, il libanese Amin Maalouf, accompagna il lettore lungo un intenso viaggio alla scoperta della Persia in due spaccati storici molto lontani tra loro: XI e XIX-XX secolo. A fare da fil-rouge,il manoscritto di Samarcanda, una raccolta di Robaïyat, componimenti poetici in quattro strofe, scritti da Omar Khayyam, filosofo, astrologo e matematico, realmente esistito. È forse proprio il mix tra personaggi storici ed altri romanzati a rendere così interessante quest’opera.
La prima parte del libro alza il sipario sull’estate del 1072. Omar Khayyam ha ventiquattro anni e si trova a Samarcanda. Gli eventi sono incalzanti e in un batter d’occhio il giovane filosofo si ritrova accusato di essere un alchimista e salvato dal gran giudice Abu-Taher solo grazie alla fama che lo precede: “è un onore ricevere in questo luogo l’illustre Omar Khayyam da Nishapur”. Ed è grazie ad Abu-Taher che avrà iniziò la stesura del libro che tanto angustierà l’orientalista Benjamin Omar Lesage otto secoli dopo.
A far da cornice al racconto, l’ospitale Samarcanda e i confini estesi della Persia.
Omar Khayyam è di indole pacifica: amante prima e marito poi della bella poetessa Djahane, vive da vicino la vita di corte del regnante Nasr Khan, pur senza mai invischiarsi direttamente negli affari di stato. I sovrani se lo contendono, vogliono brillare della luce riflessa della sua scienza, ma Omar desidera solo restare con Djahane e studiare le stelle.
Nel frattempo i Selgiuchidi stanno muovendo le loro pedine governati da Alp Arslan, l’uomo più potente della terra, che lascerà presto il posto al figlio Malikshah e al gran visir Nizam-el-Molk.
L’incontro tra Omar Khayyam e Hassan Sabbah avviene sulla strada per Isfahan, dove entrambi si stanno recando per incontrare proprio Nizam-el-Molk. Il destino si sta compiendo. Qui le mire espansionistiche di Nizam si scontrano con l’amore per la Scienza di Omar che rifiuta l’offerta di vedersi costruire un osservatorio planetario in cambio della nomina a Sahib-khabar, capo delle spie, per il quale raccomanda invece il nuovo amico Hassan.
Anni di omicidi e di pace si alternano e forgiano l’animo di Hassan il quale, convertitosi all’ismailismo, è convinto di essere il designato dal Profeta per riportare le genti sulla retta via. E lo fa organizzando giorno dopo giorno una armata di fedeli. Identificato nella cittadella di Alamout il luogo in cui far sorgere il suo quartier generale, Hassan darà vita alla setta degli Assassini, così chiamati in quanto fedeli al “Assass”, il Fondamento della Fede (da cui deriva la parola correntemente usata a tutt’oggi per designare un omicida).
Salvato da Vartan l’Armeno, Omar Khayyam e il suo manoscritto inizieranno ad errare per la Persia, inseguiti dall’ombra di Hassan, incapace di accettare il rifiuto del filosofo di trasferirsi ad Alamout e pronto a tutto pur di derubarlo dell’opera che finirà in una teca della sua fortezza, iniziando da lì il suo appassionante viaggio, interrotto dalla furia di Genghis Khan e delle invasioni mongole, che per molti secoli ne fecero perdere ogni traccia.
La seconda parte del libro ci proietta in avanti di alcuni secoli, per affacciarsi sulla vita dell’americano Benjamin Omar Lesage, che deve il suo nome proprio al filosofo Omar Khayyam, comune passione dei genitori e che, come altri prima di lui, diventerà totalmente ossessionato dal manoscritto di Samarcanda, tanto da far cambiare il corso della sua esistenza e, in parte, della Persia.
Il manoscritto riappare ad un certo punto della storia nelle mani del filosofo Djamaleddine, per poi perdersi nuovamente. Ed è proprio dalla sua residenza che Benjamin vuole ripartire per cercarlo ed è lì che incontrerà per la prima volta la donna della sua vita, senza sapere che si tratta di Chirine, la nipote dello Shah.
Il manoscritto si trova ora in Persia, in mano al rivoluzionario Mirza Reza che si macchierà dell’omicidio dello Shah, costringendo Benjamin, tra mille peripezie, alla fuga dal Paese. Ritornato ad Annapolis, negli Stati Uniti, Benjamin inizia la sua carriera giornalistica come esperto di Oriente, nutrita dalle notizie di prima mano descritte con cura nelle lunghe lettere di Chirine, che osserva da vicino i moti rivoluzionari in corso.
Ufficialmente scagionato da ogni accusa di complicità nell’omicidio dello Shah, Benjamin può fare ritorna in Persia, dove ad attenderlo ritrova gli amici Baskerville e Fazel e, ovviamente, Chirine. È con loro che vive le battaglie contro i cosacchi di Liakhov, gli sforzi per salvare la Costituzione e l’assedio di Tabriz.
E poi finalmente il Manoscritto di Samarcanda, da sfogliare a fianco di Chirine.
Ma il viaggio della preziosa opera non è ancora giunto al termine… Ad attenderla c’è il Titanic in partenza per gli Stati Uniti.
Una storia appassionante, un manoscritto che appare e scompare attraverso i secoli, un libro da non perdere.