Di Claudio Del Frate da Corriere della Sera del 16 maggio 2016
La città di Noto, nell’anno del Signore 1090, fu l’ultima roccaforte araba in Sicilia a cedere sotto la spinta dell’invasione normanna. Esattamente 926 anni dopo quella sconfitta forse è ricominciata la “reconquista” araba dell’isola, non più a fil di spada ma con il peso del denaro. Il ministero della cultura dell’Arabia Saudita ha infatti messo 30 milioni di euro sul piatto dei comuni di Aidone, Piazza Armerina e Valguarnera, tutti in provincia di Enna, nell’entroterra siciliano, per il restauro di monumenti che testimoniano l’influenza araba nell’isola ma soprattutto per aprire in quei luoghi un istituto di cultura che valorizzi e faccia conoscere l’antica presenza islamica in tutta la Sicilia. Non è certo la prima e recente manifestazione di interesse da parte degli emiri per l’estremo sud dell’Italia ma questa volta l’offerta arrivata dal governo di Ryad colpisce per due ragioni: la dimensione dell’investimento e il fatto che sia rivolto non ad attività economiche in senso stretto ma al “no profit” culturale e religioso.
Campus e moschea regalate
Chiave di volta della nuova offensiva cultural – finanziaria degli arabi è un incontro del 3 maggio scorso nel municipio di Aidone: alla presenza dei tre sindaci interessati e del rappresentante della Soprintendenza di Enna, il delegato ufficiale del governo saudita, Ahmed Saeed Badrais illustra il progetto. Il suo governo ha pronta una prima tranche di 30 milioni di euro per la nascita ad Aidone, Piazza Armerina o Valguarnera del «King Salman cultural islamic center», una fondazione che appunto lo scopo di vivificare la presenza araba in Sicilia. Primo step sarà la ristrutturazione di edifici testimonianza del passato (in zona non ne mancano, dall’antica fortezza di Gresti a chiese disseminate nei tre paesi, i cui campanili hanno lo stile di antichi minareti), per poi passare alla nascita di un campus universitario orientato allo studio della cultura araba e all’edificazione di una moderna moschea. I soldi, da conferire alla Fondazione, arrivano per intero dal governo saudita, ai tre comuni si chiede solo di dare il via libera senza oneri finanziari; in cambio viene promessa una rifioritura turistica e culturale sotto il segno degli antichi conquistatori.
«L’unica alternativa? Emigrare in Germania»
Vincenzo Lacchiana, primo cittadino di Aidone ha colto la palla al balzo: il giorno dopo l’incontro ha riunito la giunta e con un atto formale ha recepito l’offerto degli sceicchi del Golfo: «Il mio paese in pochi anni è passato da 10mila a 5mila abitanti, incontro tutti i giorni persone la cui unica prospettiva di lavoro è emigrare in Germania. Volete che ci lasciamo scappare un’occasione del genere?». Ma i timori di una surrettizia riconquista islamica della Sicilia non sono avvertiti? Lacchiana ci ride su ma poi si fa serio: «Per carità, qui siamo occidentali e laici, nessuna reconquista. Però mi domando: come mai quando gli arabi fanno investimenti a Parigi, Londra, in tutto il mondo nessuno ha nulla da dire? Perché qui dovrebbe essere diverso?». Non tutti però sono stati travolti dall’entusiasmo come il sindaco di Aidone. Giancarlo Giordani, assessore al turismo a Piazza Armerina, usa più cautela: «Vediamo nel dettaglio il progetto, poi decideremo. Certo, quando ci sono di mezzo cifre come 30 milioni di euro, gli appetiti possono essere tanti e quando c’è di mezzo anche la religione, qualche perplessità nasce». Da parte sua Ahmed Saeed Badrais ha lasciato ai suoi interlocutori una relazione scritta in cui l’intento del piano è chiaro fin dalle prime righe: «Oggi più che mai è necessario studiare la storia islamica della Sicilia, ciò risponde all’antica domanda “conosci te stesso, una domanda che però la Sicilia non si pone.
Corano e business
«Non possiamo non dirci musulmani» sembra il sottinteso dell’offerta «che non si può rifiutare» piovuta su tre comuni ennesi. Ma come detto, i 30 milioni per la fondazione islamica sono solo l’ultimo esempio di un interesse da parte dei ricchi paesi del golfo verso l’isola che fu la gemma dell’impero islamico. Un interesse non solo dettato dal «business as usual». Lo sceicco del Qatar Al Thani, ad esempio, ha sborsato 53 milioni di euro per entrare in possesso dell’hotel extralusso San Domenico di Taormina, entre il presidente della regione Rosario Crocetta ha sottoscritto un accordo con proprietari di catene di grande distribuzione saudita per far arrivare nel golfo i prodotti dell’agroalimentare siciliano. Ma anche la Qatar Charity Foundation, qui più che in altre parti d’Italia, ha stanziato 2,3 milioni di euro per la nascita di centri di preghiera a Messina, Catania, Ispica, Mazara del Vallo e Comiso. «Di sicuro la Sicilia, come l’Andalusia hanno un valore simbolico agli occhi del mondo arabo — avverte Valentina Colombo, islamista e docente universitaria — e i Fratelli Musulmani, nei loro documenti ufficiali, non fanno mistero di volte riportare il vessillo dell’Islam nei luoghi dell’Occidente. Una reconquista? C‘è anche molto pragmatismo in questa offerta di mecenatismo ma forse è il caso di preoccuparsi: se spendo 30 milioni, divento tuo partner e rafforzo la mia presenza all’interno della comunità locale. E questo mi pare un elemento lampante».