Sonallah Ibrahim
La Commissione
Jouvence Editoriale, Città di Castello 2003
Recensione a cura di Chiara Maria Lévêque
“La Commissione è la storia di un egiziano senza nome che si presenta al cospetto di una Commissione formata da personaggi non arabi per sostenere un colloquio al fine di vedere riconosciute le proprie qualità e poter, così, uscire da un angosciante anonimato”, cita la postfazione.
La Commissione è un libro estremamente bizzarro, come non se ne incontrano spesso. La trama narra la lotta impari tra il protagonista, persona colta e curiosa e la famigerata “Commissione” che controlla la vita di ogni individuo pur senza palesare la propria esistenza.
Un libro a tratti opprimente, dove il senso di privazione della libertà viene trasmesso al lettore in maniera forte e diretta.
Il primo colloquio del protagonista con La Commissione ha i tratti di un vero e proprio esame, atteso da così tanto tempo da non osare nemmeno cambiare casa, per paura di non essere convocato.
La Commissione domanda il perché del desiderio profondo di presentarsi innanzi a essa, così che il limite tra libertà e coercizione diventa del tutto trascurabile e la dignità personale viene fatta a pezzi nel corso dell’incontro, costretti a ballare soli e senza musica e a esporre le proprie argomentazioni assieme alle proprie nudità.
La Commissione conosce tutti i dettagli della vita privata, La Commissione parla solo per mezze frasi e trabocchetti. Al malcapitato il compito di risolvere gli enigmi. A corroborare l’atmosfera surreale, sono le digressioni del protagonista sulla Coca Cola, esposte con foga alla Commissione per dimostrare l’impatto geopolitico mondiale della bevanda con le bollicine. A cominciare da Jimmy Carter e la sua elezione.
Ma La Commissione non si accontenta, vuole i dettagli della storia delle piramidi. Per il protagonista, senza dubbio frutto del genio ebraico. Tornato a casa, trascorre diversi mesi senza più ricevere notizie, vivendo in uno stato di perenne angoscia fino al telegramma contenente la nuova richiesta: “Ci aspettiamo da lei uno studio sulla più brillante personalità araba contemporanea”.
Il panico si impossessa del nostro uomo. Come fare a capire che genere di studio viene richiesto? E soprattutto, di quale personalità araba si tratta?È l’inizio di un nuovo enigma da risolvere. E non vi sono limiti di tempo poiché La Commissione garantisce un permesso pagato per tutta la durata della sua azione.
Identificato il soggetto della ricerca, inizia un periodo molto intenso per reperire le informazioni necessarie alla redazione dello studio richiesto. Ma La Commissione non sembra apprezzare tanto zelo e la pressione sul nostro protagonista aumenta: gli viene affiancato come supervisore per ventiquattr’ore su ventiquattro il famigerato “Corto”. È la fine di qualsiasi genere di privacy, d’altra parte: “chi si occupa delle cose pubbliche perde il diritto ad averne di private”.
Ma i nervi iniziano a cedere. La pressione è troppa. Banali deduzioni diventano prove di complotti e la cultura la pecca più grave: “Vorrebbe farci credere che lei è venuto a conoscenza di tutte queste cose da solo, esclusivamente tramite la stampa?”
E poi ancora la Coca Cola che riemerge, presenza ossessiva di tutto il racconto. Nelle ultime pagine, il protagonista è trascinato in un vortice che terminerà in maniera raccapricciante e surreale, a suggellare lo stile narrativo davvero non comune di questo versatile autore, appartenente alla cosiddetta “Generazione dell’angoscia” degli anni Sessanta: un’esperienza di cinque anni di prigione alle spalle, è esponente del racconto breve, nell’Egitto di quegli anni considerata la forma narrativa più consona a ricreare artisticamente le ansie della società contemporanea.
Un libro curioso, la cui chiave di lettura va ricercata nei riferimenti storico-culturali contenuti nell’indispensabile postfazione.